Maria Lai (Ulassai, 27 settembre 1919 – Cardedu, 16 aprile 2013) è oggi uno dei grandi nomi della scena artistica internazionale.
Una delle voci più singolari e profonde dell’arte italiana del dopoguerra, Maria Lai nasce in Sardegna, la seconda isola più grande del Mediterraneo situata ad ovest della penisola italiana. Anche se i suoi primi sforzi artistici l’hanno portata altrove, è sempre stata attratta dai costumi e dal folklore della sua isola e dalle vite e dalle voci delle donne che vivevano lì. Attraverso la rilettura di storie e materiali della tradizione sarda l’artista ha articolato la sua pratica artistica attraverso un’ampia varietà di media tra cui tessitura, ricamo, scultura e scrittura. Ogni sua opera riflette l’intenso eco di un rapporto antico che ricorda gli albori della narrazione e della poesia.
L’opera fondamentale di Lai, Legarsi alla montagna, una performance collettiva che ha visto il coinvolgimento pionieristico degli abitanti del villaggio sardo di Ulassai in un’esperienza umana ed estetica unica avvenuta nel 1981, è considerata il primo esempio di Arte Relazionale a un scala globale. Il potere catartico e curativo dell’arte è sempre stato al centro del suo lavoro di artista.
Maria Lai ha trascorso gli ultimi anni della sua vita in Sardegna in un paesino vicino a Cardedu.
Nel 2006 ha inaugurato il Museo d’Arte Contemporanea Stazione dell’arte che raccoglie numerose opere di sua creazione, frutto di anni di studio e ricerca.
L’artista è stata celebrata nel 2017 sia alla 57 Biennale di Venezia che a Documenta 14, nelle due sedi di Atene e Kassel, e nel 2018 è stata protagonista dell’importante mostra monografica Il filo e l’infinito a Palazzo Pitti a Firenze.